di Rossella Di Palma (DVM – CVA) Specialista in Sanità Animale, Allevamento e Produzioni Zootecniche, Allevamento e Produzioni Zootecniche, Medico Veterinario Esperto in Nutrizione e Dietetica Clinica (FNOVI), Medico Veterinario Esperto in Agopuntura e Medicina Tradizionale Cinese (FNOVI)

Non proprio, anche se questo è quello che i proprietari tendono a pensare… e l’industria ad offrire loro questa tipologia di prodotto. A questo link potete leggere un approfondimento sui mangimi grain free.

Una percentuale elevata di proteine, da sola, non vuole dire molto. Quando parliamo di proteine dobbiamo tenere conto di concetti come la digeribilità delle proteine; la composizione amminoacidica delle proteine (valore biologico) e la densità calorica della dieta. Le proteine di origine animale sono, in linea di massima, più digeribili rispetto alle proteine di origine vegetale ma… non tutte le proteine di origine animale sono uguali.

Spesso in etichetta leggiamo “sottoprodotti di origine animale”, “farine di carne” e “carni disidratate”, quanta parte di questi sottoprodotti è costituita da ossa? L’osso è indigeribile, quindi se il sottoprodotto, la farina, o la carne disidratata contengono molte ossa, va da sé che, tolto l’assorbimento di calcio e fosforo, quel mangime sarà poco digeribile. Sarà scarsa anche la possibilità di convertire gli amminoacidi del cibo in amminoacidi del corpo dell’animale.

L’etichetta, in questo caso, può aiutare il consumatore che deve sempre controllare il rapporto tra:

PROTEINE/CENERI

Maggiore è il rapporto, migliore la qualità (e la digeribilità) delle farine di carne utilizzate. Il consumatore attento però deve fare anche un altro passo e comparare il rapporto che abbiamo ottenuto con quanto scritto in etichetta. La presenza di proteine vegetali, come quelle provenienti da legumi, o lo stesso glutine, aumentano la percentuale di proteine in etichetta e migliorano il rapporto proteine/ceneri. Un concentrato proteico di origine vegetale, infatti, non porta ossa e quindi non porta ceneri, ma… d’altro canto a livello di valore biologico è tutt’altra cosa rispetto a una proteina di origine animale di buona qualità.

Ci si riallaccia qui al concetto di valore biologico delle proteine, ovvero alla presenza/assenza, nel profilo amminoacidico di una proteina, di amminoacidi essenziali. In nutrizione la parola essenziale attribuita alle proteine, ma anche ai grassi, definisce una sostanza che l’organismo non è in grado di produrre, nemmeno partendo da altri aminoacidi, ma che tuttavia gli è indispensabile, ovvero la deve assumere attraverso l’alimentazione. Cosa succede se un amminoacido essenziale viene a mancare? Gli amminoacidi, combinandosi tra loro, costruiscono altri amminoacidi: se un amminoacido manca, finiranno con il mancare anche quelli che da lui derivano. Proviamo a pensare a cosa succede quando vogliamo fare una torta: se compriamo tutti gli ingredienti, tranne uno degli ingredienti principali, come ad esempio la farina, la nostra torta non arriverà mai ad esistere. Ma non solo! Resta anche la questione degli altri ingredienti: destinati a scadere, ad essere buttati, o ad essere usati per altre ricette.

Nel caso degli amminoacidi essenziali, se uno di essi manca, quelli che dovrebbero accompagnarlo nella costruzione di una proteina cambiano funzione e vengono utilizzati per produrre energia, e non materia.  Gli amminoacidi prima, e le proteine poi, nell’organismo, hanno un ruolo strutturale (nonché un ruolo nel sistema immunitario ed endocrino, se per qualche motivo (per esempio per l’assenza di un amminoacido essenziale) essi non possono essere usati per “costruire” essi vengono utilizzati al fine di produrre energia.

Cani (e soprattutto gatti) sono in grado di trarre energia dalle proteine in maniera più efficace rispetto all’uomo, ma si tratta di un processo metabolico meno efficiente, e più dispendioso, rispetto al trarre energia da grassi e carboidrati.


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