di Rossella Di Palma (DVM – CVA) Specialista in Sanità Animale, Allevamento e Produzioni Zootecniche, Allevamento e Produzioni Zootecniche, Medico Veterinario Esperto in Nutrizione e Dietetica Clinica (FNOVI), Medico Veterinario Esperto in Agopuntura e Medicina Tradizionale Cinese (FNOVI)

Qualche giorno fa una veterinaria ha chiesto ai colleghi che si occupano di nutrizione cosa facciano in caso di diarrea acuta e se sia corretto suggerire di somministrare del petto di pollo, o di tacchino. Alcuni di noi hanno risposto che sì, seguono questa prassi e altri colleghi non del ramo ci hanno chiesto come mai visto che “tantissimi cani sono allergici/intolleranti” al pollo. Il pollo, spesso presente in molti mangimi per cani, oltre ad essere a torto (come vedremo) ritenuto in qualche modo responsabile di numerose reazioni avverse al cibo (RAC), non piace nemmeno ai proprietari perché “ha gli antibiotici”… Beh, premesso che è dovere dei colleghi che si occupano di animali da reddito somministrare a tali animali il minor numero di antibiotici possibili… Un pollo, si sviluppa velocemente grazie alla genetica e non grazie ai farmaci, vive settimane, non anni, come altri grandi mammiferi che portiamo in tavola. Quindi chi dei due, tra cavallo e pollo, o tra bovino e pollo, ha con più probabilità ingerito antibiotici nel corso della sua vita?

Ma lasciamo un attimo da parte la questione farmaci e contaminanti, che non è l’argomento del giorno. A noi preme sapere se la carne di pollo è davvero così discutibile, o se è solo vittima di false credenze. In maniera colloquiale, i proprietari, ma anche alcuni colleghi, fanno spesso riferimento ad allergie alimentari. Le allergie alimentari, che sono reazioni mediate da IgE, sono molto rare sia negli animali che negli uomini, e per fortuna, aggiungo io da allergica, perché sono reazioni che ti mandano in pronto soccorso in shock anafilattico.Quando si tratta di alimenti, le reazioni a cui assistiamo, sono molto più frequentemente classificabili come Reazioni Avverse al Cibo (RAC). Cosa le scateni non è sempre chiaro e i sintomi che le caratterizzano non sono sempre univoci. Abbiamo frequentemente vomito, diarrea, feci malformate, ma possiamo avere anche prurito, dermatiti, otiti, scoli oculari.Quando si sospettano reazioni avverse al cibo, e quindi un’ipersensibilità verso un alimento, bisogna partire dal cane, o dal gatto, che abbiamo davanti. Sull’etichetta di molti mangimi c’è scritto “ipoallergenico”: è una definizione che, estrapolata dal contesto, non ha senso. Si può parlare di ipoallergenico solo in relazione al paziente. Inoltre, come abbiamo già detto, anche il termine allergia è inappropriato.

Per capire perché non ha senso demonizzare il pollo, o qualsiasi altro alimento, vi spiego alcuni dei ragionamenti che il veterinario nutrizionista fa davanti a una sospetta RAC.1) Tiene presente che il concetto di “ipoallergenico” è soggettivo; 2) Raccoglie la storia nutrizionale dell’animale per individuare, quando possibile alimenti mai somministrati in precedenza. Questo vale per sia per le proteine che per i carboidrati; 3) Pretende di conoscere, per la storia nutrizionale, anche gli snack somministrati al cane. Fatto questo, il veterinario può scegliere di somministrare fonti proteiche nuove e si confronta con il proprietario per scegliere la strategia terapeutica migliore: cibo fresco, o cibo commerciale?

Questo, a grandi linee, per quanto riguarda le RAC, però quando ci si trova di fronte a un episodio di diarrea, specie se acuta, non è detto che si sia al cospetto di una RAC. Le cause di diarrea possono essere tante, così come le terapie e le diete da proporre. In caso di diarrea acuta ed improvvisa, se il veterinario lo ritiene opportuno suggerisce una modificazione dietetica. Lo scopo della modificazione è offrire al cane un alimento il più digeribile possibile. Ecco qui che entrano in gioco i petti di pollo e tacchino che hanno, come punti di forza, proteine ad alto valore biologico e una percentuale di grassi estremamente bassa. Quando siamo di fronte ad un’enteropatia (acuta) può essere infatti molto utile fornire pasti freschi, a base di carne e con pochi grassi, poiché si tratta di razioni molto digeribili. Di nuovo in difesa del pollo, cito un lavoro: Critically appraised topic on adverse food reactions of companion animals (2): common food allergen sources in dogs and cats, Mueller et al. BMC Veterinary Research (2016) 12:9 DOI 10.1186/s12917-016-0633-8. Gli autori hanno scandagliato la letteratura scientifica (dal 1985 al 2015) per capire quali fossero i principali allergeni alimentari nel cane e nel gatto. La ricerca, riferita a cani e gatti residenti in Europa e in Nord America, ha dato i seguenti risultati:1) Nel cane gli allergeni più frequenti, in ordine decrescente, sono: carne bovina (34%), latticini (17%), pollo (15%, al terzo posto), agnello (14.5%, spesso spacciato per “ipoallergenico”) e grano (13%). Hanno invece percentuali inferiori la soia (6%), il mais (4%), le uova (4%), il maiale (2%), il pesce (2%) e il riso (2%)2) Nel gatto invece, sempre in ordine decrescente abbiamo: carne bovina (18%), pesce (13%), pollo (5%). Grano, mais e latticini conquistano il 4% mentre l’agnello si ferma al 3%.Gli autori stessi dello studio segnalano che questa analisi retrospettiva ha delle limitazioni, ovvero che queste percentuali non devono essere prese come oro colato, meglio considerarle come un’indicazione. Ho tuttavia deciso di riportare questi dati per far comprendere che ciò che sembra e ciò che si sente dire in giro spesso non è così vero come lo si vuol credere.


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